lunedì 23 maggio 2011

VOTA DE MAGISTRIS




Pietro Ancona
testo intero analisi inaccettabile basata sui classici stilemi del liberismo che fa propaganda di se stesso da trenta anni a questa parte.
L'Italia non cresce perchè venti milioni di produttori (lavoratori) vivono con mille euro al mese ch...e non bastano. I produttori si sono mangiati i risparmi (l'Italia era la nazione più risparmiosa del mondo) e non sono in grado di spendere neppure per una tazzina di caffe extra.
Le privatizzazioni sono state un disastro e sono tenute in piedi da consistenti aiuti pubblici.
Non esiste un problema di produttività aziendale perchè già vi si lavora come somari ma di produttività di sistema. Su ogni prodotto che si vende gravano pesi dovuti alla deficienza di servizi ed altro. Pensate quando ci mette un prodotto dal luogo in cui nasceal posto di vendita.
Le riforme liberiste sono state tutte un fallimento a cominciare da quella della scuola.
L'Italia funzionava assai meglio fino agli accordi di concertazione del 93. Salari "normali" garantivano un giusto equilibrio tra produzione e consumi. Ora è una Italia per metà di persone che soffrono. Il colpo di grazia è stato aassestato dalla legge biagi che consente trattamenti salariali a quasi dieci milioni di persone inferiori del quaranta per cento dei minimi salariali.
Ma parlare di questo è politicamente scorretto per un economista come Ciocca e le domande di Parlato sono state politicamente corrette nel senso gradito a Ciocca.




Il caimano ha portato solo povertà e miseria
Un quarto degli italiani vive in condizioni di povertà o sul confine con la povertà. Lo dice il Rapporto annuale dell’Istat diffuso questa mattina: “Il 24,7% della popolazione sperimenta il rischio di povertà o di esclusione sociale”. Sono circa 15 milioni di cittadini che non ce la fanno a tirare avanti, e rischiano in futuro di stare anche peggio.
La crisi non c’entra, anche questo chiarisce il Rapporto dell’Istat. E’ l’alibi che usa Berlusconi per giustificare il suo fallimento scaricando come sempre le sue colpe. Il vero problema è che la nostra è “l’economia cresciuta meno tra tutte quelle europee nell’intero decennio 2001-2011. Il ritmo di espansione della nostra economia è stato inferiore di circa la metà a quello medio europeo nel periodo 2001-2007 e il divario si è allargato nel corso della crisi e della ripresa attuale”.
Con la crisi, insomma, ha piovuto sul bagnato, ma il disastro si era già prodotto negli anni del governo Berlusconi, tra il 2001 e il 2006. Ancora oggi, l’assenza totale di qualsiasi politica economica da parte del suo governo fa sì che anche la ripresa abbia pochissimi effetti benefici sull’economia italiana. Il tasso di crescita, prosegue infatti il Rapporto “è del tutto insoddisfacente e anche i segnali di recupero congiunturale dei livelli di attività e della domanda di lavoro non sembrano abbastanza forti e diffusi per riassorbire la disoccupazione e l’inattività”.
La traduzione terra terra di questi discorsi tecnici è semplice: l’Italia è vicinissima al disastro e il suo governo non ha fatto e non fa nulla per impedirlo. Fa sempre e solo propaganda, sia quando ciancia di “sferzate all’economia” che restano sempre lettera morta, sia quando il premier fa promesse folli e costosissime come quella del trasferimento dei ministeri a Milano.
Stamattina a Roma hanno manifestato i lavoratori dei call center, che rischiano di essere messi in mezzo a una strada perché le aziende hanno deciso di localizzare. Sono loro gli italiani di cui parla l’Istat, quelli sulla soglia della povertà o peggio. Sono spesso giovani a cui l’avidità delle aziende e l’inerzia colpevole di questo governo sta rubando non solo il presente ma anche il futuro.
Il caimano, ormai lo hanno capito tutti, se ne sta per andare, ma quanto durerà il declino? L’Italia non può permettersi di continuare a vegetare per altri due anni, altrimenti le conseguenze saranno terribili. Non bisogna solo cambiare strada, ma bisogna cambiarla prima che sia tardi. Per questo con il voto nei ballottaggi, con quello del 12 e 13 giungo ai referendum e con ogni mezzo pacifico dobbiamo riuscire a mandare a casa il governo che ha ridotto in miseria il Paese. Non fra due anni ma subito.

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