Rischio e Pericolosità geologica

- di Alessandro Cascone
martedì 15 marzo 2011
di Alessandro Cascone
Sono un geologo. Sì, lo confesso. D’altronde nessuno è perfetto.
Sono uno di quei sfigati professionisti che dovrebbe dire al progettista di turno se un determinato sito è geologicamente idoneo ad ospitare un qualcosa di antropico che necessiti di fondare le sue fondamenta nel sottosuolo, consentendo pertanto una valutazione del Rischio accettabile in ottemperanza a quanto stabilito dalle normative vigenti.
Spesso dai non addetti ai lavori la parola Rischio è considerata sinonimo di Pericolosità.
Nulla di più falso e soprattutto fuorviante.
Senza entrare in discorsi tecnici incomprensibili ai molti possiamo dire, sintetizzando al massimo, che mentre la pericolosità geologica tiene conto esclusivamente del fenomeno naturale il Rischio lo rapporta alla presenza eventuale dell’uomo e delle sue opere (strutturali e non).
Mi spiego con un esempio.
Consideriamo la Campania.
Tutti sanno che il Vesuvio è un vulcano la cui attività è solo “in attesa” o, come si dice in termini scientifici, quiescente.
E’ quindi un vulcano pericoloso, molto pericoloso poiché per il genere di chimismo del suo magma (presente ad alcuni chilometri di profondità) quando erutterà, e lo farà prima o poi, lo farà in maniera altamente esplosiva.
La Campania presenta inoltre anche una discreta pericolosità sismica dato che presenta sul suo territorio alcune di quelle che, in termini scientifici, vengono definite zone sismogenetiche, ossia generatrici di terremoti.
Queste zone sismogenetiche (per la Campania) hanno generato nella storia terremoti misurati di poco inferiori a 7 gradi magnitudo momento (equivalenti a circa 6,5 gradi Richter).
Ovviamente per gli eventi sismici verificatisi prima del XIX secolo, quando non erano disponibili strumenti che potessero misurare con una precisione accettabile l’intensità di un sisma le informazioni si fermano ai racconti e alle testimonianze scritte, in alcuni casi calcolando e non misurando la cosiddetta magnitudo momento indirettamente attraverso formule matematiche basate su relazioni empiriche.
Immaginiamo adesso se la zona attorno al Vesuvio (alto poco più di 1200 metri) invece di presentare l’intera sua cinta intensamente popolata fin quasi sopra i 240 metri sul livello del mare si presentasse completamente priva di insediamenti urbani, di strutture (ospedali, case, uffici, ecc.), di sovrastrutture e infrastrutture varie (elettrodotti, ponti, strade, ecc.).
DOMANDA: Potremmo definire l’area in oggetto un area a rischio geologico latu sensu ?
RISPOSTA: No ! poiché se non ci fossero esseri viventi e loro opere il rischio nei confronti di questi sarebbe nullo mancando ogni riferimento relativo.
Ribaltiamo adesso il discorso.
DOMANDA: Due aree con diverso grado di urbanizzazione caratterizzate da due diversi gradi di pericolosità geologica (sismiche e vulcaniche) possono presentare lo stesso grado di rischio ?
RISPOSTA: Si !
E’ profondamente sbagliato infatti associare due aree geografiche differenti caratterizzate da una differente pericolosità geologica latu sensu associando loro due diversi gradi di rischio geologico quando diverso è il grado di urbanizzazione degli stessi.
L’area a minore pericolosità geologica qualora sia caratterizzata da un’urbanizzazione più intensa potrà avere un rischio geologico tranquillamente uguale se non superiore a quella a maggiore pericolosità geologica.
In un’epoca di confusione spesso l’informazione è la prima ad essere contaminata, a volte per ignoranza altre volte volutamente.
Urge in questi casi raffreddare il nocciolo dei problemi attraverso l’unico liquido idoneo: la conoscenza.

Nessun commento:
Posta un commento