la Campania scordi i fondi Ue
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Se viene aperta una discarica in un parco nazionale, la Campania “si può scordare di vedere sbloccare i 145 milioni di euro di fondi europei
attualmente congelati dalla Commissione europea”. Lo ha detto all’ANSA la presidente dela Commissione d’inchiesta parlamentare europea, Judith Merkies, ricordando che dalle autorita’ italiane aveva avuto assicurazioni di diverso tenore rispetto a quanto sta accadendo in Campania.
http://www.facebook.com/home.php#!/album.php?aid=90835&id=1521030691&fbid=1630234805351
In particolare, secondo la Merkies, ”il governo regionale dichiaro’ che a Cava di Vitiello non sarebbe stata aperta una discarica, promessa ribadita dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi prima che pubblicassimo il rapporto. Queste promesse stanno per essere rotte. Un governo e’ buono quando e’ affidabile”.
EmergenzaTerzigno come Genova
di Claudio Pappaianni
Non si ferma la protesta contro l'apertura della seconda discarica: nella notte ancora scontri tra manifestanti e forze dell'ordine. Cariche violente e fumogeni per 'far rispettare la legge'.
In un'atmosfera che ricorda troppo i giorni tragici del G8

(21 ottobre 2010) Si scrive Terzigno, si legge Genova:
quello che è successo la notte scorsa sul Vesuvio ricorda molto i giorni del G8. I cittadini erano tutti radunati alla rotonda di via panoramica, il centro della protesta da giorni.
Erano tanti, dopo l'annuncio dei parlamentari Pdl che la seconda discarica "s'adda fare": un comunicato diramato al termine di una riunione di deputati campani, una presa di posizione politica non ancora una decisione ufficiale. Eppure, il Pdl decide di dare l'annuncio subito, urbi et orbi, anche attraverso il Tg1, proprio mentre da giorni la tensione è alle stelle in quelle zone intorno alla bocca del Vesuvio: l'effetto è stato immediato, con centinaia di cittadini di Terzigno, Boscoreale e Boscotrecase che si sono riversati per strada.
http://www.corriere.it/cronache/10_ottobre_22/rifiuti-terzigno-cariche-scontri_97b1024c-dd9f-11df-a41e-00144f02aabc.shtml
Ad attenderli c'erano già oltre 200 tra poliziotti e carabinieri e 40 blindati.
Verso mezzanotte, dopo l'ultimo collegamento in diretta con le TV, le prime scaramucce: alcuni manifestanti lanciano fuochi d'artificio all'indirizzo delle forze dell'ordine, parte pure qualche sasso. Gli agenti rispondono con il lancio dei fumogeni nel mucchio.
I facinorosi sono al più una ventina, sempre gli stessi da giorni: ma nessuno è riuscito a isolarli, nonostante da settimane ci siano agenti infiltrati tra la folla per individuarli.
Verso l'una di notte il copione si ripete. Qualcuno stacca la corrente, è buio pesto: ripartono fuochi d'artificio e sassi da una parte, si risponde dall'altra con i lacrimogeni sparati alzo zero.
E' solo il prologo di una carica violenta e cieca: nel buio, dal fronte destro della piazza, si scorgono centinaia di sagome nere avanzare. Agenti, bardati di scudi e manganelli, hanno l'ordine di far disperdere i manifestanti: costi quel che costi, c'è da far "rispettare la legge" come recitava il comunicato del Pdl.
A colpi di manganello, di scudi e, in alcuni casi, di anfibi: gli agenti inseguono alla cieca i manifestanti, tutti, donne e uomini. Entrano in proprietà private, colpiscono: una ragazza urla «Perchè mi picchiate, non sto facendo niente?». Nessuna parola, solo botte.
«C'è rammarico per il fatto che temi che altri soggetti chiamati a risolvere trovino in un ruolo di supplenza le forze di polizia» ha dichiarato questa mattina il capo della Polizia, Antonio Manganelli.
«Noi - ha aggiunto - non siamo certo nemici di chi manifesta, facciamo il nostro lavoro.
Siccome a Terzigno si deve sversare, faremo in modo che questo sia possibile anche se dovesse costare l'uso della forza», ha concluso.
In nome della legge.

L'ANALISI
L'impunito omeopatico
di FRANCESCO MERLO
Anziché una squadra di incorruttibili, armati di codice e protetti da una intelligenza anche militare, Silvio Berlusconi ha mandato a Napoli Guido Bertolaso, l'impunito.
Propone, dunque, un trattamento omeopatico: cura la malattia con la malattia stessa. L'emergenza spazzatura - è la sola certezza che tutti, a sinistra come a destra, ormai abbiamo - nasce infatti da una grande corruzione, non solo economica e morale, ma anche politica e intellettuale. È insomma uno scandalo nazionale, una malattia della democrazia italiana, che ha coinvolto anche il centrosinistra, ed è giusto ricordare che fummo noi a chiedere, per primi e con forza, le dimissioni dell'allora governatore della Campania, Antonio Bassolino. Ma solo Berlusconi poteva arrivare alla sfrontatezza di contrastare la corruzione con un presunto corrotto. Tanto più che Bertolaso è indagato per la più odiosa delle corruzioni: la sciacallaggine che specula sulla sofferenza e sulle disgrazie, trasforma i disastri in affari, ingrassa nella monnezza.

Ma fosse pure innocente, come noi ancora ci auguriamo, questo sottosegretario, che agli italiani aveva promesso di dimettersi entro l'anno, non ha più nessuna credibilità. La sua immagine è irrimediabilmente sporcata, anche fisicamente. E in lui c'è pure qualcosa di comico, di quella comicità grottesca che a volte accompagna le cose terribili. Una volta quando lo vedevano con quei suoi giubbottini, con gli scarponcini, i pulloverini, i cappellini da baseball, i caschetti di plastica dura, gli italiani pensavano agli abiti da lavoro, alla muta dell'operaio di Jünger, alla divisa del milite della fatica. Ma, dopo che lo hanno scoperto al centro di una cricca di arrembanti, vedono nei suoi abiti la tenuta da fuga, l'abbigliamento pratico di chi è pronto a scappare non perché inseguito dalla lava, da una frana o dagli energumeni della spazzatura, ma dalla finanza e dai carabinieri.
Come si vede, anche nelle situazioni da pianto si può trovare qualcosa da ridere. Non si è mai visto infatti in nessun paese del mondo un ministro della Sanità che va in giro con il camice bianco e i sabot, o della Funzione Pubblica in mezze maniche ed elastico al braccio, o della Pubblica Istruzione vestito da studente. Solo il ministro della Difesa La Russa, imitando Bertolaso, è arrivato a indossare la tuta mimetica e l'elmetto da carrista per farsi ammirare nella sua Paternò.
E anche quel corpo magro e scattante di Bertolaso non fa più pensare alla ginnastica da lavoro, ma alle massaggiatrici del Salaria Sport Village e agli ozi della casa a sbafo di via Giulia. Cosa penseranno vedendolo arrivare a Napoli, non solo le persone per bene che, con ragione, protestano, ma i plebei rivoltosi che bruciano la spazzatura e ora si armano pure di molotov? Probabilmente cercheranno i suoi cari attorno a lui, la sua famiglia allargata, il cognato, la moglie, i parenti che ha favorito e gli imprenditori della cricca pronti a sguazzare nella sofferenza. Insomma Bertolaso a Napoli è una provocazione, anche perché questi sono i luoghi del mondo dove si cerca sempre, e si trova anche quando non c'è, il rapporto stretto tra i profeti apocalittici e l'apocalisse, tra gli annunciatori della disgrazia e la disgrazia, tra gli imprenditori della monnezza e la monnezza. Ma ci spingiamo ancora più in là: a Napoli sono sempre speculari gli affaristi della disgrazia e gli energumeni della disgrazia.
Solo in tempi meno drammatici la capitale della cultura apotropaica avrebbe reagito all'arrivo di Bertolaso con lo sberleffo e con lo scongiuro, rumoreggiando e toccandosi. Ma qui c'è la prima prova generale di una orribile sommossa plebea. E si sa che, vili e ottusi, gli ossessi e gli invasati mai attaccano la miseria dentro la quale sono finiti, ma sempre colpiscono le persone migliori, scelgono gli obiettivi più innocenti e indifesi e, come insegna la storia partenopea, trovano sempre una Eleonora Pimentel Fonseca con cui prendersela. Mai contro quelli che, dall'altra parte, hanno affinità con loro, la stessa affinità che avevano i monatti con la peste.
Dunque Berlusconi ha mandato a Napoli il presunto capo dei monatti. Ha negato l'emergenza per la quale il Capo dello Stato prova invece "pena e allarme", ha promesso di spazzare la Campania "in dieci giorni", e "non è eversione", e "i disordini sono solo un fenomeno locale". Forse perché la sola emergenza nazionale che conosce e combatte con tutte le sue forze si chiama Santoro, Berlusconi non ha ascoltato neppure Umberto Bossi che, sia pure senza alcuna grazia e parlando con lo stomaco, ha avvertito la gravità del pericolo e l'irresponsabilità del governo: "Bisogna intervenire, non possiamo aspettare che ci scappi il morto".
Ovviamente neppure Bossi capisce che, anche senza morto, in una delle nostre più grandi regioni e in una delle più belle città del mondo la spazzatura sta seppellendo la democrazia. E che non si può parlare di lotta alla camorra, di rinascita, di sogno meridionale e di impegno contro la criminalità organizzata mandando a Napoli lo sfacciato Bertolaso.
Mai come nella conferenza stampa di ieri si era vista così forte e chiara la somiglianza tra Berlusconi e Bertolaso. Abbiamo assistito ad un tristissimo siparietto nel quale trionfava non solo l'impunità ma anche la "combriccolaggine", l'appartenenza alla stessa antropologia. È infatti Berlusconi che in Italia ha buttato il Codice nella spazzatura e ora dalla spazzatura riemerge Bertolaso che della spazzatura è il codice.
(23 ottobre 2010) © Riproduzione riservata
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